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URANUS
(URANUS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 marzo 1991
 
Claude Berri, con Gérard Depardieu, Philippe Noiret, Jean-Pierre Marielle, Michel Blanc, Michel Galabru, Fabrice Luchini (Francia, 1990)
 
Claude Berri ripropone il tentativo, parzialmente riuscito, di JEAN DE FLORETTE e di MANON DE SOURCES: risuscitare un romanzo (là Pagnol, qui Marcel Aymé), un'atmosfera, un'epoca.

Quella di URANUS è l'immediato dopoguerra con i suoi regolamenti dei conti, le ipocrisie, gli atti di coraggio e di viltà di una situazione che amplifica le dimensioni del quotidiano. Il microcosmo di un villaggio con i suoi personaggi tradizionali (l'oste, il maestro di scuola, l'avvocato, l'affarista, l'operaio; il fascista e il comunista, il borghese) diventa allora teatro di vita, che allarga i suoi significati ben oltre il contesto geografico e umano, apparentemente discreto.

La cattiveria, la diffidenza, l'amarezza di Marcel Aymé (ma anche quell'arte di associare gli estremi, come il realismo con il fantastico) devono aver sedotto una forte personalità come quella del produttore-regista Berri: occasione sognata per accordarsi all'aria dei tempi nel rimettere in questione ciò che sembrava ormai acquisito. Ma è la diligente visualizzazione del regista a tradirlo: tutto, nel film, sta nella carta. Nulla è aggiunto dallo sguardo registico, dalla scrittura, dallo stile. La pletora di celebrità fa il proprio dovere (chi esagerando un ruolo già ridondante - il locandiere poeta ed anarcoide di Depardieu; chi rifacendosi il verso come Noiret; chi eseguendo gli ordini come Blanc o Luchini) in un discorso che, condotto in tal modo, risulta essere piuttosto semplicistico.

L'uomo non è né buono né cattivo: visto da lontano, dall'astro Uranio appunto, con quel tanto di distacco che premia l'individuo saggio, appare come la pedina di un gioco più grande di lui nel quale egli finisce per accomodarsi, come il pesce nel torrente o la libellula nell'aria .

Quell' anarchismo di qualcuno a cui piace l'ordine poteva trovare una precisa corrispondenza nel personaggio Berri: ed il film essere una di quelle opere violente, polemiche ed incondizionate delle quali il cinema d'epoca francese (ammalato dei ritrattini poetico- realistici alla MILOU EN MAI) avrebbe anche bisogno. Ma l'assenza di scrittura del regista, il qualunquismo di una diligente messa in immagini (firmate più che professionalmente, ma è un altro discorso, da Renato Berta) non può che sottolinearne i limiti. Qualcuno dirà, l'ambiguità.


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